Ma io come sono nato?
È bene o meno rivelare al proprio bambino che la sua origine è avvenuta con la procreazione medicalmente assistita? (PMA).
La risposta a questa domanda dipende dall’elaborazione da parte dei genitori del fatto che il concepimento del loro figlio è avvenuto con l’aiuto di PMA. L’elaborazione è inevitabilmente connessa con tutte le fantasie consce ed inconsce e determinerà la modalità di relazione con il figlio, quindi la rivelazione delle sue origini o la creazione del segreto di famiglia.
Purtroppo, i segreti di famiglia hanno effetti negativi sia sui soggetti coinvolti sia a livello transgenerazionale.
Diversi studi psicologici hanno rilevato che il non detto può causare principalmente disturbi intellettivi nel bambino, ma la causa patogena è soprattutto la sua percezione conscia e/o inconscia della vergogna, negazione e responsabilità, che risuona nel il vissuto dei genitori rispetto alla modalità di concepimento, ciò quindi che genera disagio sono le resistenze a parlarne apertamente.
Questo non vuol dire che si è obbligati a dire e sicuramente si è liberi di decidere se e quando è il momento giusto per raccontare il modo speciale con cui è stato concepito il proprio bimbo.
Intendo dire che è importante rispettare ciò che si pensa e si prova, ma anche tener conto che la mancata elaborazione e, quindi, il non detto, il segreto ed il silenzio, creano dei danni.
La maggior parte dei genitori e figli nati da PMA e con gameti della coppia stessa è orientata a raccontare al proprio figlio il forte desiderio che li ha spinti a chiedere aiuto alla pratica biomedicale e quindi raccontare il modo speciale del loro concepimento.
Diversa e sicuramente più complessa e difficile è l’elaborazione della PMA con gameti estranei in quanto si viene ad inserire nel nucleo familiare il fantasma del donatore o donatrice e quindi di un genitore reale e genetico anonimo.
Un bambino desiderato, riconosciuto ed amato avrà sicuramente delle condizioni ottimali per la buona riuscita dell’integrazione di Sé stesso così anche un’armoniosa integrazione familiare, ne sono certa.
I bambini intorno ai 5 anni organizzano il proprio romanzo familiare, è a quest’età che si può quindi iniziare a dar loro delle informazioni. Più tardi intorno ai 6-10 anni iniziano a capire la dimensione biologica e della filiazione e forse qui come anche nella prima adolescenza possono iniziare a far domande più precise e chiedere maggiori dettagli sul concepimento che andranno ad arricchire quel qualcosa che già si sa.
Esistono libri che possono aiutare a raccontare storie, fiabe e filastrocche, un valido supporto da non sottovalutare.
Ma in ogni caso da tenere bene a mente è che, in caso di difficoltà, si può chiedere aiuto psicologico il cui obiettivo è sempre una positiva, armoniosa e sana salute psichica familiare.